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LA CULTURA CONTADINA

LA CULTURA CONTADINA

 

Le Marche conservano tracce non comuni dell’antica bellezza nelle città e nella campagna. Una terra di contadini civilizzati si potrebbe dire, che guarda con nostalgia non priva di buon senso al passato che, però, sente ormai superato. Tutto ciò è significativo in una regione legata ad alcune continuità rurali, tipiche del mondo mezzadrile, esprimibili nei concetti di prudenza, oculatezza, stretto rapporto con il territorio e l’ambiente d’origine, ricerca di tranquillità sociale, ma senza bigottismi.

Il paesaggio è dominato da tre elementi: il mare con una costa attrezzata, ricca di centri eleganti e di storia, insieme a insediamenti industriali; la montagna, ricca di prati, faggete e terrazze coltivate, e la campagna con oltre 100.000 case coloniche dove, sino a trenta anni fa, risiedeva gran parte del milione e mezzo di abitanti. Il paesaggio agrario è moderno, ma non sciatto ed omogeneo, poiché è il prodotto della conservazione dell’ambiente nei suoi aspetti caratterizzanti, tipico di una cultura contadina rurale millenaria.

Particolarmente significativo, fino agli anni Sessanta, è stato il rapporto città-campagna: nessuna grande città, ma centinaia di cittadine e paesi, metropoli di contadi coloniali, che hanno dato origine ad un sistema socio-economico-culturale ben integrato ed armonico, dove si è prodotto per l’autoconsumo e il mercato. Il suo simbolo è quella società mezzadrile, autarchica dunque, ormai scomparsa, che si riconosce in quasi tutti i passaggi sociali e produttivi, oltre che nel carattere dei marchigiani.

Il concetto della metà mezzadrile (fra contadino e padrone) ha assicurato un decente tenore di vita nelle campagne, potendo i mezzadri alimentarsi con i prodotti dei campi e vivere nelle case coloniche, che ospitavano anche le stalle. Ma ha garantito anche un senso di conservazione dell’ambiente e degli animali, troppo legati alla sopravvivenza e al futuro delle famiglie, per poter essere compromessi.

Il principio base delle aree migliori delle Marche era quello di un lavoratore ogni ettaro di superficie. Ne consegue che disboscando e prosciugando valli paludose, sono state create nuove terre da grano, che spesso, con i suoi prodotti finiti, come il pane e la pasta, era l’unico e comunque il principale alimento.

La tranquillità e la sicurezza sociale erano garantite dalla durezza del sistema che espelleva dalle campagne e isolava chiunque vivesse di espedienti o rappresentasse un pericolo per l’azienda e per la famiglia. Aspetti che sono intensamente entrati a far parte del carattere dei marchigiani.

I piccoli poderi erano luoghi importanti e cellule di un ecosistema che, pur producendo al massimo, ha conservato un accettabile equilibrio dell’ambiente e della società. Su queste premesse sono state costruite le basi di una terra che primeggia nelle statistiche sulla qualità della vita.

Da ciò derivano gli appellativi attribuiti alle Marche: piccolo è bello, piccolo è buono. Il ruolo della famiglia mezzadrile è determinante, quindi, sull’antica e moderna agricoltura, nella quale dominano ancora i cereali e la produzione di prodotti tipici che rappresentano, oggi più che mai, uno strumento di reddito e crescita. Se piccolo è spesso sinonimo di cura e qualità, i prodotti tipici marchigiani, magari pochi per quantità, sono fra i migliori che il mercato conosca.

Non a caso l’agricoltura biologica, il vero legame fra recupero del passato, nuove tecniche e conservazione dell’ambiente, ha nelle Marche una delle principali interpreti fra le regioni italiane. I prodotti tipici, esempio di cura produttiva e di qualità biologica, sono coltivati nel rispetto dell’ambiente e del consumatore, che oggi esige sapori, gusti e salubrità ai massimi livelli.

(Liberamente tratto da www.turismo.marche.it)
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