Giacomo Leopardi

Giacomo Leopardi
Poeta nato a Recanati nel 1798, morto a Napoli nel 1837. Trascorse la sua vita per lo più nella sofferenza e nell’incomprensione generale; in particolare, lo studio “matto e disperatissimo” della sua giovinezza minacciò gravemente la salute del poeta, che ne risentì non solo fisicamente, ma divenne sempre più isolato ed introverso. Tuttavia la sua infelicità non fu motivo di lamento individuale, ma si trasformò in un mirabile “strumento cognitivo” che gli permise di penetrare, più a fondo degli altri, nel mondo circostante. I primi frutti della sua intensa attività intellettuale furono saggi, dissertazioni filologiche, traduzioni, opere erudite, fra cui ricordiamo la Storia dell’astronomia (1813). Al periodo 1818-1822 appartengono le Canzoni di stampo classicistico (All’Italia, Sopra il monumento di Dante, Ad Angelo Mai, Ad un vincitore nel gioco del pallone, Nelle nozze della sorella Paolina, Bruto minore, Ultimo canto di Saffo) dai temi ora esistenziali, ora politico-civili. Contemporaneamente (1819-1821) lavora ai Piccoli Idilli: si tratta di piccoli quadri in cui il poeta esprime moti e sentimenti del proprio animo, descrivendo il suo paesaggio interiore.
Fra questi ricordiamo L’infinito e Alla luna. In queste liriche due sono i motivi dominanti: il tema dell’infinito, che si concretizza nel desiderio di andare al di là del limite, verso una pura immensità, verso una vita autentica e felice; il tema del ricordo, il quale dà all’uomo il senso di continuità fra passato e presente e gli permette di esercitare la facoltà poetica più importante, cioè l’immaginazione. Nel 1824 compone la parte più consistente delle Operette Morali.
Si tratta di prose, per lo più in forma di dialogo, che rappresentano una sintesi delle principali riflessioni di Leopardi. In particolare, esse segnano il passaggio dal pessimismo storico (secondo cui l’uomo e la ragione sono causa dell’umana infelicità) al pessimismo cosmico (che, al contrario, reputa la Natura colpevole delle umane sofferenze). Fra queste si ricordano il Dialogo della Natura e di un Islandese, il Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo, il Dialogo di Tristano e di un Amico. Seguono i Grandi Idilli o Canti pisano- recanatesi (1828-1830), fra i quali A Silvia, il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, Le ricordanze, Il sabato del villaggio. In essi ricorrono : il ricordo di un passato ormai lontano; la poetica del vago e dell’indefinito; il topos leopardiano del colloquio con la luna; il pessimismo cosmico per cui è “funesto a chi nasce il dì natale” (Canto notturno). Fra il 1833 ed il 1835 realizza il cosiddetto Ciclo di Aspasia, includente Amore e morte, Consalvo, Il pensiero dominante, A se stresso, Aspasia.
Il poeta appare affranto ma non rassegnato; vuole rivendicare la sua dignità e grandezza; pertanto l’amore per Aspasia è l’estremo tentativo di affermare il suo “diritto alla felicità”. Appartengono agli ultimi anni, trascorsi sempre più ansiosamente nell’attesa della morte, quale liberazione dalle sofferenze, Il tramonto della luna (1836) e La ginestra (1836).Quest’ultima è la summa della meditazione poetica dell’ultimo Leopardi; è un messaggio agli uomini, affinché, in modo solidale e fraterno, si coalizzino contro la Natura Malvagia. Molte riflessioni di Leopardi sono confluite nelle Zibaldone (I ediz. 1898) : si tratta di appunti su varie materie, dalla filologia alla politica, dalla letteratura alla filosofia. In particolare vi è spiegata la sua ricorrente teoria del piacere, secondo cui l’uomo ha in sé un desiderio di piacere infinito, che, in quanto tale, è irrealizzabile; pertanto, se prova piacere, esso può essere solo temporaneo, in quanto dovuto ad una momentanea cessazione del dolore. La produzione leopardiana è vasta e problematica ;accompagna l’evoluzione di pensiero del poeta che, negli ultimi anni della sua vita, nonostante la definitiva caduta di ogni illusione, afferma l’umana dignità ed il desiderio di un’esistenza più stabile e civile. Elemento cardine della sua ideologia resta comunque la concezione materialistica e pessimistica dell’uomo, inevitabilmente destinato all’infelicità.